Ci risiamo. Costretti a svendere un prodotto incredibilmente benefico per la nostra salute. Un prodotto legato al territorio, a chi si prende cura di esso e a chi ci vive.
L’altro giorno mio fratello Francesco (www.lagiumella.com) mi chiama e mi dice: “Ti volevo dire che con Paolo abbiamo deciso di mettere l’olio 2018 a 10€.”
“Va bene.” Dico io, e non mi viene in mente altro da dire. Continuo i miei trapianti di sedano rapa e la frase mi si rimugina. La scaccio, non c’ho voglia di mettermi ancora a pensare a tutti i problemi legati all’olio, voglio solo pensare ai miei sedani… Niente da fare, è più forte di me. Ma come si fa? È mai possibile che un produttore, un contadino debba sudare, pagare i costi di tasca propria, studiare, sperimentare, fallire, per poi dover calare di prezzo altrimenti l’olio che fa gli rimane tutto sul gozzo?
No, fosse per me a questo punto farei come i pastori sardi con il latte: con i fusti d’olio in piazza a scaricarlo nei tombini! Ma poi ci penso. Voglio troppo bene al mio olio e alla fine quei soldi ci servono, anche se non coprono neanche i costi.
Che vergogna, che ingiustizia! Dopo anni di tentativi per sensibilizzare gli abitanti della nostra terra, ci troviamo nuovamente a dover svendere l’olio. Ora che il mercato estero, sia con i turisti che con i compratori, è totalmente fermo, dovrebbero essere loro, i nostri concittadini che nella consapevolezza del nostro prezioso lavoro di manutentori e sentinelle del nostro difficile territorio, vengono da noi e ci dicono: “No, l’olio te lo pago 15€, anche se è quello dell’anno prima, perché è grazie a te che abbiamo questo splendido territorio.” E invece no, sapete cosa mi è capitato l’anno scorso? Dopo aver detto ad un conoscente i prezzi dell’olio, lui mi ha detto: “Ma è un furto!”, cioè, m’ha dato di ladro!? Non posso che sorridere a queste sventure. Sorrido perché ancora oggi, dalle nostre parti, le persone sono abituate a pagare l’olio un prezzo ridicolo. Ovvero, sarei forse capace anch’io a produrre l’olio a quei prezzi: aspetto dicembre, forse gennaio, raccolgo le olive belle mature o mezze marce, poi via in frantoio a 35 gradi. Molti sarebbero anche contenti del risultato, perché la verità è che oggi la cultura dell’olio a Reggello (Città dell’Olio) è a meno di zero.
Fanno eccezione alcuni pazzi. Si definiscono “giovani contadini”, anche se hanno quasi tutti più di quarant’anni. Dicono che l’unica soluzione è intraprendere una strada nuova, per produrre olio di altissima qualità. Certo i costi saranno maggiori, ma già da tempo questi prodotti ad alto valore nutrizionale sono molto richiesti…all’estero. Da noi meno si paga e meglio è. Anche perché l’unica cosa che si riesce a chiedere ad un produttore è: “Quanto tullo fai l’olio?”
E qui mi fermo, perché è meglio così, senno si fa buio e devo ancora sistemare i pomodori e i fagiolini.
Boh, forse tra un po' mi toccherà abbandonare questi terrazzamenti stupendi, sassi che sembrano scolpiti per stare insieme che grattano via alla montagna strette lingue di terra fertilissima e nera. Mi toccherà lasciare questi luoghi e far tornare i rovi e poi il bosco.
Che peccato.
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