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Immagine del redattoreGiordano

Lo strano destino di un olivicoltore toscano


Questa e la storia di un insolito destino che vede un tranquillo agricoltore toscano come protagonista.

Da diversi anni non si fa altro che parlare dell'abbandono e della crisi che il mondo agricolo, soprattutto quello legato all'olivo, sta vivendo tra le colline toscane. Certo, si sa, i toscani sono bravi a vendersi e allora non si avvertono quasi, i sintomi di questa crisi. Poi, in anni di così abbondante abbondanza! Erano ormai anni che non si vedeva un raccolto del genere: a fatto freddo al momento giusto, non c'è stata la mosca, ma soprattutto un allegagione da record.

E allora che dire? Beh, da dire ci sarebbe tanto, qui però non vogliamo essere pedanti, ma due cose vogliamo dirle.

La prima coinvolge i produttori. Capitano anni come questi, che l'olio non sappiamo davvero dove metterlo. Ci chiamano da tutte le parti per andare a raccogliere olive e piange il cuore dover dire di no, sapendo che quello straordinario frutto farà una pessima fine, relegato a concime per la terra. Certo, nulla va sprecato in natura. Si, ma quando questi frutti riescono a produrre eccellenze, capaci di stordire gli esperti con i loro parametri nutrizionali. "Nutraceutici" li chiamano, un misto tra nutrienti e farmaceutici. Fatto sta che alla fine di questa campagna, centinaia se non migliaia di quintali di olive marciranno letteralmente sulle piante o per terra. Questo fa ancora più specie dal momento che i costi delle olive da olio sono arrivati alle stelle con prezzi che superano abbondantemente i 100€ al quintale. Questo da quando, a causa dei fenomeni climatici estremi, il modello produttivo spagnolo si è dimostrato poco o per nulla resiliente.

La seconda coinvolge ancora i produttori, ma anche i cosiddetti "consumatori" che quando lo diciamo pensiamo sempre che siano gli altri, ma siamo tutti consumatori, no? Ecco, la seconda questione è quella della vendita dell'olio. Quando vengo approcciato dagli acquirenti, la domanda è di rito: "Si, ma quanto lo fai?". Chi mi conosce lo sa, ho tormentato fino alla morte parenti e amici cercando di convincere tutti che quella è la domanda sbagliata da fare ad un produttore, un po' come chi va a fare l'olio in frantoio e continua a chiedere al frantoiano: "Quanto rende?". Allora a chi mi chiede quanto lo faccio l'olio cerco di spiegare quello che sto cercando di fare: che è importante andare a frangere in giornata, che l'olio va filtrato... ma quando arriviamo alla questione del prezzo, il castello di sabbia immancabilmente cede. Si, perché posso stare ore a spiegare che noi facciamo l'olio con criterio, che abbiamo costi fissi di cui dobbiamo tener conto, le tasse... Poi andiamo là fuori e troviamo comunque oli buoni o discreti a prezzi stracciati. Valanghe di quintali quest'anno! Sono tutte produzioni familiari o poco ci manca, di olivicoltori della domenica e di raccoglitori improvvisati. Tutti a fare olio, e giustamente direi, siamo tra le colline del Pratomagno, che altro vogliamo fare a novembre? Senza di loro che fine farebbe il nostro territorio? E le aziende agricole invece, che fine faranno?

Noi aziende ci ritroviamo costrette in una morsa tra economia di mercato e adempimenti burocratici, ci sentiamo soffocare e andiamo a cercar respiro là fuori, lontano dalle nostre terre, se possibile oltre confine od oltreoceano.

Che dire, destino bizzarro quello di avere un tesoro tra le mani e nessuno che se ne accorga, ma forse va tutto bene così.


G.

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